Precisazioni sul progetto alle Salette occupata

In questi giorni abbiamo divulgato la notizia del progetto per l’occupazione della Salette. Consigliamo la lettura dell’articolo di redattore sociale, al momento uno dei più accurati per inquadrare la faccenda. Lo trovate QUI.

Ricordiamo che l’occupazione di via madonna delle salette 12/a è stata promossa dal nostro comitato e dai centri sociali Askatasuna e Gabrio nell’ambito della settimana di mobilitazione per il diritto alla casa a gennaio 2014. All’epoca avevamo scritto un volantino, un passaggio dice:

Abbiamo deciso, assieme a famiglie italiane e immigrate colpite dalla crisi, di costruire una settimana di mobilitazione per ridare dignità e casa a tutti e tutte, riappropriandoci di edifici abbandonati come quello in via Delle Salette. Un edificio vuoto appartenente ai missionari Salettiani, che da oggi riprende vita.

I nuovi occupanti erano per la maggior parte abitanti dell’exMOI, molti di loro vivevano nelle cantine o in stanze troppo affollate. In pochi mesi abbiamo migliorato l’impianto elettrico e riattivato quello idraulico, creato un orto in giardino, aperto una ciclofficina e uno sportello settimanale per aiutare altri migranti. Gli occupanti si sono autoregolati e hanno come organo un’assemblea settimanale. Ogni decisione è stata presa consultandola.

Nel frattempo il dialogo con la proprietà è andato avanti. Innanzi tutto per la necessità pratica di avere la luce: 10kw sono pochi per 70 persone e l’elettricità salta spesso. Essere in buoni rapporti è importante. Poi perché, dopo un primo momento di scontro, la stessa proprietà ci è venuta incontro proponendoci di fare un progetto insieme. Lo stupore di avere un interlocutore così disponibile e la possibilità di creare qualcosa di più strutturale ha fatto si che il dialogo andasse avanti. Da subito abbiamo posto delle condizioni al progetto, che sono state ripetute all’incontro ma ignorate dalla stampa. Il progetto:

  1. Non deve avere finalità di lucro. Nessuno deve guadagnarci.
  2. Deve includere tutti gli occupanti. Nessuno viene sbattuto fuori.
  3. I lavori di ristrutturazione devono mirare a rendere il costi di gestione minori possibile. Si paga il meno possibile.
  4. I lavori di ristrutturazione vanno effettuati senza che nessuno debba dormire fuori. Nessuno esce.
  5. I lavori di ristrutturazione devono essere effettuati in modo di includere il più possibile la manodopera degli abitanti secondo principi di autorecupero. Chi ci vive ci lavora.
  6. I tempi di permanenza devono essere secondo i livello di lingua e il livello di reddito, non secondo tempistiche prestabilite. Nessuna accoglienza a tempo determinato.
  7. Deve prevedere attività di inserimento lavorativo e/o un’attività che generi reddito per coprire il più possibile i costi di gestione. Nessuno esce perché non ha i soldi per restare.
  8. La gestione deve essere condivisa con gli abitanti, rispettando le decisioni prese dall’assemblea. Questo deve rispecchiarsi nella costituzione formale e nella permanenza di spazi comuni dedicati. L’assemblea va rispettata.
  9. Tutti i precedenti punti e le decisioni che porteranno ad attuarli sono da porre al vaglio dell’assemblea degli occupanti che sono liberi di modificarli a piacimento. Decidono gli abitanti.

Il progetto è quindi non precostituito ma in fieri, viene scritto da chi ci vive tenendo conto delle precedenti esperienze. Le maggiori paure non sono quelle di avere un interlocutore disonesto, ma che nessun progetto possa mai essere tanto ben fatto da risolvere i problemi strutturali della realtà dei migranti in italia. Primo ostacolo tra tutti è la solvibilità economica: come chiedere soldi a un soggetto che viene derubato ogni giorno. Conosciamo bene le realtà di precarietà lavorativa (Saluzzo, Foggia, Rosarno…) e il costo del rinnovo del permesso di soggiorno (tranquillamente oltre i 100 euro). Sappiamo bene inoltre che l’apertura delle frontiere e la chiusura dei CIE sono la reale soluzione per chi è prigioniero nel nostro paese.

Detto ciò queste condizioni sono, secondo noi l’occasione per mostrare la buona via ai progetti per rifugiati. Inoltre sono un rimedio al lato meramente “assistenziale” del nostro lavoro politico, poichè se realmente esiste una possibilità di autogestione da parte dei migranti questa non ha ancora una forma istituzionale. Da 2 anni ormai il nostro comitato rincorre le emergenze e supporta centinaia di rifugiati. Le occupazioni sono da sempre una delle migliori soluzioni per i rifugiati, ma quando manca un soggetto che li supporti queste cadono nel dimenticatoio. Se in futuro mancherà qualcosa di simile al nostro comitato potrebbero venire a mancare questi percorsi di autogestione.

Dato che chi ci ha incontrato ha mostrato rispetto per le nostre proposte, per la nostra attività e le nostre decisioni, abbiamo deciso di provare questa strada. Ciò non comporta assolutamente l’abbandono del percorso politico con i rifugiati che si rende ancora più vitale, data la nostra presenza all’exMOI.

Infine, alcune precisazioni rispetto a ciò che potete aver letto su articoli di vari giornali.
Nessuno di noi ha mai dato un nome al progetto, sicuramente non “Trasformare l’inopportuno in opportunità”.
Caritas è il finanziatore, ma né il comitato né gli occupanti hanno mai incontrato un suo rappresentante. L’unico rappresentate della proprietà che abbiamo incontrato è il prete, padre stanislao. L’interlocutore principale è sempre stata l’Unione Pastorale Migranti con cui non sono mai state prese decisioni senza informare l’assemblea degli abitanti.