La procura di Torino chiede di sgomberarli, come se si trattasse di immondizia. Invece si sta parlando di 750 persone, il 15 per cento donne e una trentina di bambini. Molti dei rifugiati sono scappati dalla guerra in Libia e sono finiti in strada a marzo 2013, esauriti i fondi dell’Emergenza Nord-Africa. Questi esseri umani, provenienti da 26 paesi africani, hanno trovato rifugio nelle quattro Palazzine dell’ex Villaggio Olimpico, abbandonate da 7 anni. Il comune non era riuscito a farle fruttare perché costruite male, ma con soldi pubblici. La procura non ha mai indagato su impianti, struttura o ditte appaltatrici.
Sappiamo che questa indagine e sequestro non significano sgombero imminente, un giudice autorizza lo sgombero ma sta alla politica decidere i tempi. Lo sgombero eseguito con la forza significa scontrarsi con i rifugiati e il comitato, con coloro che difendono il diritto a un tetto per tutti. Effettuare lo sgombero con la forza vuol dire che la politica non può dare alternative: tutti fuori e basta. Intanto i giornali creano la solita confusione: lo sgombero non avverrà domani. Crediamo che sia poco fattibile ributtare centinaia di persone in strada. L’unica altra modalità con cui la politica tratta i rifugiati sono i progetti. Uno sgombero assistito tuttavia costa caro, comporta offrire un’alternativa agli occupanti. Inoltre la storia delle occupazioni torinesi di rifugiati insegna che gli sgomberi assistiti finiscono male. Pensiamo a Corso Peschiera, dove alla fine di innumerevoli tavoli molti sono finiti in strada.
Nessuna delle due è una buona prospettiva.
Nelle palazzine olimpiche molti hanno cominciato ad avere una vita stabile: un posto dove tornare dopo il lavoro nelle campagne di Saluzzo o Rosarno, piccole borse lavoro, una famiglia e un comitato di solidali pronti ad aiutarli. Qui molti per la prima volta hanno imparato l’italiano, insegnato da volontari in collaborazione con i CTP (Braccini e C. di Mirafiori).
FdI, Lega e FI non aspettavano altro che la parola sgombero su un giornale, vogliono vedere in questa occupazione solo illegalità e degrado, vogliono incastrare il comune. Troviamo ridicolo attaccarsi alle poche liti avvenute in quasi due anni.
La realtà è che nessuno dei cittadini si sente minacciato, prova è che ogni iniziativa antidegrado è stata un flop. Molti sono i cittadini che collaborano con gli abitanti e gli stessi rifugiati sono in grado di autoregolarsi. Non regna il caos, i rappresentanti (1 o 2 per appartamento) si incontrano regolarmente per affrontare problemi comuni e per confrontarsi con il comitato di solidarietà che offre supporto medico, linguistico e legale. Si è instaurato un dialogo con la circoscrizione, unica istituzione che ha rotto il silenzio e che è in contatto con alcuni dei rappresentanti. La collaborazione con AMIAT ha permesso di rimuovere le barriere, sistemare il cortile e ripulire l’area.
Durante questo percorso di quasi due anni si è creata una rete di collaborazione e supporto con alcune realtà del territorio: CSOA Askatasuna, CSOA Gabrio, Pastorale Migranti, Ingegneri senza Frontiere, Microclinica Fatih, Frantz Fanon, Mamre, Gruppo Abele, Sermig, Anpi sez. Lingotto. Tutti solidali con l’occupazione, unica reale soluzione per i rifugiati a Torino, una volta finiti i progetti.
Ricordiamo infatti che in una nota del 23 maggio l’UNHCR scriveva che “sono migliaia i rifugiati costretti a vivere in palazzi abbandonati e occupati nelle principali città italiane quali Roma, Milano, Torino, a causa dell’inadeguatezza dell’accoglienza e dell’insufficienza dei progetti di integrazione”. A Torino sono oltre il migliaio in 8 diversi palazzi.
Lo stato italiano ha scelto di perseguire chi dovrebbe proteggere, preferendo tutelare il diritto alla proprietà piuttosto che i diritti umani.
In questi giorni ci confronteremo con gli abitanti, determinati e uniti nel difendere il diritto alla casa di tutti e tutte.
Infine alcune precisazioni per chi fosse venuto solo ora in contatto con l’exMOI:
- Gli abitanti sono rifugiati con vari permessi di soggiorno. Non clandestini terroristi. Faticano ogni giorno per rinnovare il permesso, che costa loro tra i 100 e i 250 euro ogni rinnovo. Per molti il rinnovo è annuale, a molti infatti è stato categoricamente dato il permesso umanitario senza realmente analizzare la loro domanda di asilo.
- Il nostro comitato è costituito da studenti, lavoratori e precari italiani e immigrati. Siamo vicini ai centri sociali Askatasuna e Gabrio in quanto uniche realtà che si occupano concretamente di supportare rifugiati e migranti. Questi sono gli unici che hanno creduto nella lotta per la residenza e che portano avanti battaglie in cui crediamo.
- Le 4 palazzine occupate sono state vuote per anni e non avevano nessuna destinazione d’uso, men che meno essere date agli italiani, per questo sono state al Fondo città di Torino. Questo paga acqua e luce, non i contribuenti.
- Le liti avvenute erano sempre a sfondo personale, nessuna aveva motivazione etnica o religiosa. Molti appartamenti sono infatti condivisi tra nazionalità e religioni diverse.