Rifugiati occupano L’ufficio Stranieri

20140702_144619Venerdì 27 giugno gli operatori dell’associazione Terra del Fuoco trovano davanti alla porta del loro progetto una trentina di persone tra rifugiati e solidali. Quel giorno terminava per i rifugiati il progetto di accoglienza SPRAR del comune di Torino. Sarebbero finiti tutti in strada. Pochi giorni prima questi si erano rivolti allo sportello del comitato solidarietà rifugiati e migranti per evitare lo sgombero. Una lettera, intestata Comune di Torino e firmata dall’Ufficio Stranieri, specificava di non resistere poiché “i responsabili del centro sono autorizzati a far intervenire le forze dell’ordine”. La validità dei progetti di Terra del Fuoco o di qualunque altra associazione non ci competono, così come non giudichiamo i diversi tipi di impegno che i ragazzi mettono nei percorsi che vengono loro proposti. La conclusione però è sempre la stessa: la strada. Ricordiamo che l’exMoi, le palazzine del villaggio olimpico sono nate proprio dalla fine del progettiìo Emergenza Nord Africa e che la stessa UNHCR riconosce che sono le carenze del sistema di accoglienza a costringere migliaia di rifugiati a vivere in occupazioni.
La resistenza ha permesso a questi rifugiati di non finire in strada, tenersi la loro casa e di ottenere un incontro con l’ufficio stranieri mercoledì 2 luglio.
Senza sapere con chi avrebbero parlato e riguardo a cosa, i rifugiati si sono recati con alcuni loro amici, un membro del comitato di solidarietà e due ragazzi del centro sociale Askatasuna. Nessuna intenzione belligerante, solo capire insieme coinvolgendo tutte le parti in causa. Questo deve aver spaventato talmente tanto il comune da spingere ad annullare l’incontro 2 minuti prima dell’inizio. A comunicarlo un funzionario, in pausa sigaretta, che lascia intendere che “la cosa viene dall’altro”, non ci si può fare niente. Intanto il presidio si infittisce, i rifugiati diventano 50, si decide di entrare e bloccare gli uffici. Vengono allertate autorità e al comune si sparge la voce. Si parla tranquillamente ma molti esternano la loro frustrazione, l’unica cosa che si chiede è il perché dell’annullamento dell’incontro e se se ne possa fissare un altro al più presto. Intanto arrivano i giornalisti, ma i funzionari cercano di tenerli fuori finché possono, senza riuscirci. Una direttrice dell’ufficio stranieri, supportata da un paio di agenti della Digos, spiega che l’invito era rivolto solo ai rifugiati del progetto e non ad altri, tanto meno ai solidali. Spiega che tutti devono andarsene, poiché l’interruzione di pubblico ufficio è reato, e che una volta usciti verranno chiamati come e quando piacerà all’ufficio. Ammette che non si è mai pensata una soluzione: si prolungano caritatevolmente i progetti, finché il governo non decide di mandare una nuova infornata da Lampedusa. Ousmane, che si fa portavoce, spiega che vogliono certezze su un incontro e che questo deve riguardare tutti i progetti, non solo quello di terra del fuoco. Non ha senso cercare soluzioni per un progetto perché tutti loro hanno lo stesso problema e altri lo avranno dopo di loro. Alla fine un dirigente della questura e due dirigenti dell’ufficio si impegnano a fissare un tavolo per venerdì mattina alle 10, solo per i rifugiati di terra del fuoco, ma con tutti i loro amici e solidali fuori a supportarli. Si impegnano inoltre ad analizzare la situazione degli altri progetti e creare ulteriori tavoli. Da parte loro i rifugiati dichiarano che continueranno la resistenza e resteranno nelle case supportando a loro volta la lotta dei loro fratelli.

Fonti:
Infoaut – Torino, rifugiati occupano ufficio migranti del Comune
Repubblica Torino – Rifugiati occupano l’ufficio stranieri
Nuova Società – Profughi cacciati dall’associazione Terra del Fuoco e dal Comune occupano via Bologna
La Presse – Torino, blitz rifugiati in ufficio immigrazione Comune

Sullo sgombero di Corso Traiano

cso traianoIl 18 di giugno la questura di Torino manda svariate camionette per sgombrare una trentina di persone, soprattutto famiglie di rifugiati, che vivevano in una delle case occupate qui a Torino, una palazzina in Corso Traiano 128. Era l’occupazione più facile da smantellare. Un rappresentante della proprietà (supermercati Pam), accorso sul luogo dello sgombero dichiara di non aver sollecitato quell’intervento.

Quale pericolo per la cittadinanza e la sicurezza pubblica rappresentavano 13 famiglie con dieci bambinetti, due neonati, due donne in cinta, da richiedere l’intervento all’alba della forza pubblica?

Con sommo spavento soprattutto dei più piccoli, poliziotti e carabinieri irrompono nelle stanze alle 6 del mattino svegliando di soprassalto tutti i residenti. La forza pubblica intima di lasciare lo stabile, disponendo i lavori per murarne gli ingressi. Desolati madre e padri vestono i bambini mettono insieme in tutta fretta l’indispensabile e escono con i figli in braccio e per mano, i passeggini e le carrozzine sono diventati mezzi per trasportare indumenti, pannolini, generi di prima necessità; sono portati fuori i materassi con la biancheria, qualche cartone con i viveri. Alcune ore più tardi un’assistente sociale propone alle famiglie di andare provvisoriamente in una casa di riposo per anziani a Quattordio, 1668 abitanti, 75 chilometri da Torino, situato a metà strada fra Alessandria e
Asti, dove per altro non ci sarebbe stato l’uso di cucina. A una donna al nono mese di gravidanza viene offerto fino ad agosto un posto al Sermig, ma solo a lei e alle figlioletta, il marito deve arrangiarsi. Tutti rifiutano fermamente questa opzione e optano per un presidio sotto il Comune di Torino.

Queste persone pagavano regolarmente le utenze del fabbricato di Corso Traiano, che era rimasto vuoto per anni, soggetto a saccheggi e degrado. Gli occupanti ne avevano ridipinto le pareti, messo a posto i rubinetti e svolto altri lavori di manutenzione, che avevano restituito decoro alla casa e all’isolato. Le stanze erano state arredate nel modo più normale possibile, per vivere dignitosamente come cercano di fare tutti. I bambini frequentavano la scuola elementare e la scuola materna. Soprattutto i padri procuravano alla famiglia da vivere con lavori magari al margine dell’economia tipica di una grande città, lavori conquistati giorno dopo giorno; le signore in cinta erano seguito da un ginecologo, i bambini da un pediatra. Adesso quei bambini traumatizzati chiedono agli adulti quando
potranno tornare nella loro casa.

I rifugiati sono persone che, ovviamente, come tutti gli esseri umani stabiliscono legami con il loro ambiente, fondano famiglie e non sono pacchi da spostare e da dividere a seconda della necessità, come se a loro bastasse sopravvivere, poco importa dove, come e con chi. Un ospizio per vecchi, in un paese ignoto, di poche anime, un luogo a conti fatti
impossibile da raggiungere per chi lavori a Torino, e percepisca un reddito di sussistenza, era una proposta di fatto inaccettabile. L’unica ricevuta.

Lo stesso giorno dello sgombero Piero Fassino, in quanto Presidente dell’Associazione Comuni Italiani era a Roma per firmare il Protocollo d’Intesa fra ANCI e UNICEF Italia. «Siamo come ANCI da sempre sensibili ai temi legati alla tutela dei minori, sia italiani che stranieri – dice in quella occasione Fassino – spiegando che il protocollo testimonierebbe l’impegno dell’Associazione dei Comuni Italiani in “passato e futuro, a fianco di UNICEF, per dare concretezza ai principi sanciti nella Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, partendo dal basso e quindi dalle realtà locali.»

Pare che il Comune non sia stato informato dalla Questura di quella decisione. Eppure nessun rappresentante di questa città o di questa Regione ha sollevato pubblica protesta contro queste pratiche poliziesche indegne di un paese democratico, che ci ricordano tempi infausti. Nessuno si è chiesto che fine abbiano fatto quelle donne e quei bambini che il 18 hanno atteso tutto il giorno in Piazza Palazzo di Città che qualche rappresentante del Comune li incontrasse. La sola presenza pubblica su quella piazza sono stati i tre blindati della polizia posti a proteggere il Comune. Proteggere da chi?

Com’è possibile che coloro che hanno davvero bisogno di protezione nella nostra città, che siano bambini, donne in cinta o adulti, proprio coloro che hanno lasciato tutto alle spalle per salvarsi la vita, siano abbandonati a se stessi?
Lo Stato nella nostra città si mostra in uniforme per difendere in modo astratto e ideologico il diritto di proprietà, ma si dimostra disarmato quando si tratta di tutelare ben altri diritti, quelli dell’infanzia e dei cittadini più deboli?

Chi ha una coscienza non inerte si trova obbligato a praticare la disobbedienza civile per aiutare concretamente coloro che lo Stato dovrebbe tutelare, ma che irresponsabilmente abbandona.

Fonti:

Infoaut – Torino. Corso Traiano sotto sgombero. Decine di famiglie in mezzo alla strada
Radio Onda D’urto – CASA: SGOMBERO IN CORSO TRAIANO A TORINO. 13 FAMIGLIE SENZA UN TETTO.
Repubblica Torino – Il corteo dopo lo sgombero di corso Traiano
Nuova Società – Sotto sgombero la palazzina occupata di corso Traiano 128
Quotidiano Piemontese – Torino, sgombero in corso nella palazzina occupata di corso Traiano – video